Charlot veste stavolta i panni di un avventuriero solitario che, pur se animato da sentimenti di rara ingenuità e dolcezza, è comunque preda della “febbre dell’oro”. Affrontando tutte le avversità climatiche che lo spostamento verso le terre del nord comportano, l’improbabile cercatore giunge finalmente a destinazione. Charlot trova quindi rifugio in una baracca accomodata nei pressi dei giacimenti auriferi: la capanna però è già abitata da un altro cercatore d’oro, il poco ospitale Black Larson. Proprio all’interno della casupola l’avventuriero solitario assiste ad uno dei primi effetti dell’ingordigia sull’essere umano: il suo ospite si azzuffa con Giacomone per la conquista del comando, e quindi di maggiori quantità di oro. Tutti sono poi messi a dura prova dalla fame: difficilmente le gelide terre del nord possono offrire nutrimento a chi le popola. A turbare la serenità di Charlot è anche il cuore: l’uomo, quasi per caso, riesce a trovare un tabarin. Georgia, una delle vedette del locale, fa innamorare di sé il povero avventuriero; il sentimento però non è ricambiato, anzi la ragazza approfitta della passione dell’omino per far ingelosire il suo vero amore, Jack. Intuendo che la baracca in cui ha finora trovato ospitalità è diventata un posto poco raccomandabile, Charlot riesce a trovar alloggio nella vicina e meglio fornita capanna dell’ingegnere Curtis. Proprio questa nuova sistemazione, per una lunga serie di eventi fortuiti, regala all’avventuriero solitario un po’ di serenità: l’uomo inizia a trovare dei piccoli lavori che, vista la stazza, gli sono più congeniali rispetto all’iniziale progetto di diventare minatore. Tra l’altro, in maniera non proprio indolore, Georgia finisce per andare a trovarlo spesso nella nuova baracca. Quando infine Charlot, mosso da pietà verso Giacomone che intanto aveva perso la memoria e che adesso gli chiede aiuto per ritrovare la sua capanna, si sposta in direzione del vecchio alloggio, finalmente la sorte gli sorride: i due uomini trovano l’oro e non solo… Della pellicola esistono due versioni: la prima, muta, è del 1925, l’altra, con sonoro, del 1942.