Genjuro e Tobei sono fratelli e vivono nel Giappone di fine ‘500. Se il primo si ritiene un esperto vasaio, l’altro crede di avere tutte le carte in regola per poter un giorno diventare un grande samurai. I due, con buona pace delle mogli Miyagi e Ohama, si spostano così nella vicina regione di Omizo: Genjuro spera di potersi finalmente arricchire grazie alla propria arte, Tobi invece vuole perfezionare le sue capacità di lottatore. Il viaggio premia entrambe le famiglie: la vendita dei vasi frutta più denaro del previsto. Per questo motivo, nonostante le continue rimostranze delle mogli, i due fratelli progettano un nuovo viaggio. Quando tutto è quasi pronto per partire però alcuni soldati entrano nel loro villaggio con intenti tutt’altro che amichevoli: le due famiglie si sottraggono ad un triste destino nascondendosi temporaneamente nei boschi limitrofi. Tornati finalmente a casa, Genjuro e Tobei decidono di trasferirsi insieme al resto della famiglia oltre il lago. Anche qui però qualcuno, stavolta dei pirati, depreda i villaggi. Nonostante ciò il vasaio decide di lasciare Miyagi ed il figlio sulla costa e proseguire con gli altri il viaggio. Giunta a destinazione, la famiglia beneficia di guadagni sempre più elevati, ma non ha comunque serenità: la povera Ohama viene violentata ed umiliata pubblicamente, mentre a chilometri di distanza Miyagi non sa più come difendersi dai predoni. Intanto Genjuro cede alle lusinghe sessuali di una nobildonna del luogo mentre, con l’inganno, Tobei riesce a farsi nominare samurai. Ma lo spettatore deve aspettare che Genjuro, vittima di un sortilegio, torni in sé prima di poter conoscere l’epilogo della storia… La pellicola, datata 1953, è stata salutata con entusiasmo dalla critica: basti pensare che i severi giudici del Festival del Cinema di Venezia le hanno assegnato un leone d’oro (1953) e che ad oggi “I racconti della luna pallida d’agosto” è considerato in Giappone uno dei migliori film della tradizione cinematografica nazionale.